La crisi economica che ha travolto gli
Stati Uniti d’America e l’Europa, ha smascherato una parte del sistema
capitalista che ha fatto del non rispetto delle regole una delle sue bandiere.
Nei mercati finanziari mondiali pochi si sono arricchiti a danno di molti. La
finanza creativa ha generato un benessere fittizio sfociato nella crisi dei
mutui subprime, che per effetto della
globalizzazione si è diffusa a macchia d’olio in tutto il mondo. In questa
situazione sono diversi gli studiosi che stanno cercando di trovare una via
d’uscita alla crisi economica e molti di loro hanno riscoperto una parola che
le politiche liberiste avevano messo da parte: etica. Un termine, a mio modo di
vedere, che deve camminare di pari passo con l’economia se si vuole uscire da
questo tunnel.
Etica ed economia devono tornare a
collaborare e a completarsi a vicenda. Non c’è niente di nuovo in questa
ricetta. Occorre soltanto ricordare com’è nata l’economia e come, con il
trascorrere dei secoli, la sua funzione è degenerata quando si è allontanata ed
affrancata dalla filosofia e dall’etica. Gli esperti evidenziano tre fasi in
questo rapporto: in una prima fase economia e filosofia sono intrecciate tra
loro, in un secondo momento si distaccano, mentre nei primi del Novecento si
riavvicinano in maniera equivoca.
L’economia esiste sulla faccia della terra
da quando è comparso l’uomo. Questa disciplina si è palesata nel momento in cui
si è stabilito il valore di scambio. E’ chiaro che l’economia nasce prima della
filosofia, perché concerne la base della regolamentazione umana. Sin dalla sua
nascita l’economia esiste per stemperare la ferocia tra gli uomini e quindi ha
una base etica indiscutibile. L’autonomia dell’economia viene meno nel momento
in cui nasce la filosofia, che pone sotto la sua protezione la disciplina
economica. Da questo momento in poi i filosofi iniziano ad occuparsi di
tematiche economiche: Platone le affronta in particolar modo nella Repubblica ed Aristotele è il primo a
parlare di economia politica. Nell’Etica
Nicomachea il filosofo di Stagira espone un discorso di economia monetaria,
in cui sostiene che il valore della moneta è un’unità di misura al fine di
scambiare le merci. Nell’antichità e nel Medioevo l’economia non si emancipa
dalla filosofia. Nel Medioevo, età contemplativa per eccellenza, l’attività
economica è legata a pratiche religiose e metafisiche.
Tutto cambia nell’epoca moderna con
l’affermarsi del paradigma galileiano, che ribalta la supremazia della
filosofia sulla scienza. E’ chiaro che il rapporto tra filosofia ed economia è
destinato a mutare radicalmente. L’economia moderna è fortemente caratterizzata
dalla visione di Thomas Hobbes e di Adam Smith. Quest’ultimo, che prima della
cattedra a Glasgow in economia è stato titolare di cattedra in filosofia
morale, sostiene che “il prezzo reale di una merce è uguale al lavoro svolto”.
E’ con Smith che l’economia diventa scienza autonoma ed è sempre il filosofo ed
economista scozzese ad affermare, rifacendosi a Vico, che l’uomo è vizioso,
però, per stare insieme con gli altri ha limitato la sua viziosità.
Nell’800 Karl Marx espone al mondo le sue
tesi rivoluzionarie e fa del legame tra filosofia ed economia un nesso
inscindibile ed irrinunciabile. Tutta la visione economica del filosofo del
comunismo si fonda su una base filosofica ed i costrutti umani si possono spiegare
rifacendosi all’economia. L’intelligenza di Marx sta nel costruire una
struttura economica su una tesi filosofica. Sempre in questo secolo l’onda
lunga dell’Illuminismo genera il Positivismo, che è convinto di ottenere una
verità oggettiva (mito dell’oggettività scientifica). Anche l’economia, che
vuole essere scienza, cerca di riposizionarsi su questi binari e quindi
l’allontanamento dalla filosofia è una logica conseguenza. Secondo Vilfredo
Pareto lo scienziato economico deve fotografare la realtà in maniera oggettiva.
L’economista viene paragonato al fisico e la sua parola d’ordine è la
misurabilità. In questo momento storico l’economia si tramuta in una scienza
che va al di là delle sue capacità, perché pretende di dire l’ultima parola
sulla realtà. L’economia, privata della sua eticità, diviene arida. Uno dei
primi studiosi ad accorgersi di tutto questo è Benedetto Croce, che sostiene
come l’economia matematizzata non è una disciplina che riguarda l’uomo.
L’economia è una forma dell’agire umano, per Croce, in cui il singolo è
responsabile.
Nel Novecento il distacco tra economia e
filosofia viene meno, ma come detto in precedenza è un legame equivoco. Gli
economisti si rivolgono alla filosofia per trovare un aspetto metodologico e ci
si rivolgerà in particolar modo alla filosofia della scienza. Karl Popper e
Thomas Kuhn sono i due grandi mentori. Il merito del primo è di aver fatto
argine contro l’induttivismo presente anche in economia, mentre il merito del
secondo (che possiede una visione più realista rispetto a Popper) è di aver
avviato una svolta storicista. In questo momento storico appare il paradigma
della complessità, che mette in luce un elemento etico molto forte
nell’economia, e riprende quella dimensione filosofica che si era persa dopo Adam
Smith. Del resto un’economia fondata sul paradigma classico non può che essere
astratta.
Grazie al paradigma scientifico della
complessità, oggi la filosofia è tornata a caratterizzare l’economia. Un
esempio lampante è rappresentato dal sistema della globalizzazione che
caratterizza le nostre società. L’economia come attività a se stante ha fallito
e l’etica deve tornare al centro del suo interesse. Amartya Sen, che ha fondato
la sua teoria economia sull’etica, ha detto: “non è possibile una pura teoria economica
senza un aspetto etico”. Senza l’etica, aggiunge Sen, l’economia non da
risposte concrete ai problemi di oggi.
Qui si è chiuso il cerchio. L’economia è
tornata alla filosofia e adesso occorre recuperare l’aspetto etico del quale si
era liberata. L’etica, oggi considerata la base da molte aziende che cercano il
rilancio, è un elemento chiave per lasciarci alle spalle questa crisi
economica. Tramite l’etica l’economia può diventare più umana e meno tecnica.
Su una base etica possiamo costruire un’economia che guarda ai veri bisogni dei
cittadini. Sul pilastro dell’etica le nostre aziende possono rilanciarsi nel
mercato globale. Questa crisi economica può essere un’opportunità e può farci
riscoprire l’importanza di una parola che durante l’epoca della technè è stata messa da parte.
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